nel presente è l’eterno
Le scienze esatte, in particolare la fisica e la matematica ci indicano chiaramente la dimensione infinita della manifestazione cosmica nelle galassie e nei pianeti. Tuttavia per molti contemporanei l’eternità semplicemente non esiste o se esiste sono convinti che l’eternità sia situata in un altrove. Sono convinti che la vita eterna per l’individuo sia sinonimo di futuro, come se presente ed eternità fossero cronologicamente successivi e separati. Per sostenere la frustrazione di questa separazione abbiamo allora inventato utopie per riportare il futuro nel presente, ma l’utopia come ogni illusione provoca prima o poi sofferenza e disperazione.
Dante ci insegna, ci indica invece che presente ed eternità stanno uno nell’altro, la vita eterna esiste dentro il tempo, comincia nel presente, è la qualità dell’esistenza, del sentire di esistere. L’eterno presente, è la possibilità che ci è concessa in ogni momento di godere dell’”etterno consiglio” (paradiso 33, 3 ) e il poeta ce lo mostra con le stelle del cielo. Ognuna delle tre cantiche finisce parlando di stelle.
L’inferno è uno spazio limitato senza cieli, dovunque volge lo sguardo il poeta incontra il male che si nasconde dentro al suo cuore ma anziché restare nella disperazione della “selva oscura “(inferno 1, 2 ) il poeta si apre al desiderio di conoscere, percorre l’inferno con gli occhi aperti e infine incontra un Lucifero che impotente non interagisce con lui perché Dante è sveglio, è già nel presente/eterno, uno spazio che è fuori dal suo dominio; così può attraversare “la natural burella” (inferno 34, 98 ) e rivedere i cieli dell’eterno “e quindi uscimmo a riveder le stelle” (inferno 34, 139).
Con la salita del monte del purgatorio, il poeta realizza la scelta di essere “confesso e pentuto” (inferno 27,83), si purifica, assume responsabilità e consapevolezza, comprende di vivere immerso in un universo di amore che si distingue in “amore naturale” (purgatorio 27, 91-93), istintivo che deriva direttamente da Dio e che perciò è un amore che non può sbagliare, il cui oggetto è il bene e la sua intensità è sempre adeguata al bene; ma ne esiste un secondo tipo, “l’amore d’animo” (purgatorio 27, 91-93) che nasce dalla nostra volontà e intelligenza perché l’uomo ha la capacità di amare per scelta, ha la libertà di decidere il proprio destino, orientando verso il bene o verso il male questa sua forza innata. Dunque questo amore d’animo può sbagliare ma solo in tre modi: per “poco di vigore, troppo di vigore o per malo obiecto” (purgatorio 17, 91-96). Dante comprende così che il male non esiste in sé ma è solo una transitoria distorsione del bene, comprende che il bene per chi lo cerca, trionfa sempre. Purificato da tale consapevolezza cresce in lui la disposizione al desiderio di vedere la fonte dell’amore (“transumanar”), a continuare il cammino “puro e disposto a salir le stelle” (purgatorio 33, 145).
Al vertice del purgatorio, nel paradiso terrestre, Dante incontra Beatrice. Lei è la causa di tutto il cammino, perché tutto nasce dall’amore per Beatrice, amore che muove dal desiderio di conoscerla e di rivelarsi a lei, ma nel cammino questo amore diventa qualcosa di più grande, diventa un desiderio di conoscenza, di giustizia, di purezza diventa desiderio di Dio (“indiarsi”). In paradiso tra i beati che vedono e conoscono Dio appagati e liberi da ogni dubbio anche Dante vede Dio e il suo sguardo trova sé stesso, il suo viso, scopre che ciò che governa l’universo fisico e spirituale è l’Amore, “l’Amor che move il sole e l’altre stelle” (paradiso 33, 145).
Quell’amore che lo ha voluto, lo ha attratto sino a sé, prendendolo così com’era, nel suo presente. In realtà nel presente ci è sempre rimasto, Dante ci ha raccontato di un pellegrino che realizza i suoi desideri e raggiunge le stelle. Dall’inferno al paradiso non si è mosso di un millimetro, attraversate le regioni del suo mondo interiore lo ha scoperto nell’eterno e si è scoperto voluto dall’eterno e questo è il paradiso.